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23/10/2024
Il 7° rapporto GIMBE sul Sistema Sanitario Nazionale, recentemente
pubblicato, fotografa la situazione del nostro Paese sulle condizioni della
sanità pubblica.
Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), istituito nel 1978 con la legge 883
in attuazione dell’art. 32 della Costituzione e ispirato da princìpi di
universalismo, uguaglianza ed equità, ha sempre rappresentato una risorsa
preziosa per il nostro Paese in termini di tutela della salute dei cittadini,
permettendo di garantire a tutti le cure e l’assistenza necessaria. Se
nell’ultimo decennio, però, il tema della sostenibilità del SSN è rimasto
confinato all’attenzione degli addetti ai lavori, oggi la tenuta del SSN
purtroppo mostra enormi difficoltà.
CRITICITÀ DEL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE
Tante le criticità evidenziate nel rapporto:
- il
divario della spesa sanitaria pubblica pro capite di 889 euro rispetto
alla media dei Paesi OCSE membri dell’Unione Europea, con un gap
complessivo che sfiora i 52,4 miliardi di euro;
- la
crisi motivazionale del personale che abbandona il SSN;
- il boom
della spesa a carico delle famiglie (+10,3%);
- quasi
4,5 milioni di persone che nel 2023 hanno rinunciato alle cure, di cui 2,5
milioni per motivi economici;
- le
diseguaglianze regionali e territoriali;
- la
migrazione sanitaria e i disagi quotidiani sui tempi di attesa e sui
pronto soccorso affollati.
Tutti elementi che dimostrano che la tenuta del SSN è a
rischio e che si sta lentamente sgretolando il diritto
costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce
socio-economiche più deboli, gli anziani e i fragili, chi vive nel Mezzogiorno
e nelle aree interne e disagiate.
IL FINANZIAMENTO PUBBLICO
Secondo quanto emerge dal rapporto, il Fabbisogno Sanitario
Nazionale (FSN) dal 2010 al 2024 è aumentato complessivamente di 28,4 miliardi
di euro, con una media 2 miliardi di euro all'anno, ma con trend molti
diversi tra il periodo pre-pandemico (2010-2019), gli anni della pandemia
(2020-2022) e il periodo post-pandemico (2023-2024).
Tra il 2010 e il 2019, durante la stagione dei tagli, alla sanità pubblica sono
stati sottratti oltre 37 miliardi di euro, con un aumento complessivo del FSN di
soli 8,2 miliardi di euro in 10 anni, pari ad una crescita media dello 0,9%
annuo, un tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua (1,15%).
Negli anni della pandemia (2020-2022) il FSN è cresciuto complessivamente di
11,6 miliardi di euro, con una media del 3,4% annuo, segnando formalmente la
fine dei tagli. Tuttavia, questo rilancio del finanziamento pubblico è stato
assorbito dai costi della pandemia, senza consentire un rafforzamento
strutturale del SSN e senza riuscire a mantenere in ordine i bilanci delle
Regioni.
Nel periodo post-pandemico la Legge di Bilancio 2023 ha previsto un incremento
del FSN di 2 miliardi e 150 milioni di euro nel 2023 (di cui 1 miliardo e 400
milioni di euro destinati alla copertura dei maggiori costi energetici), 2,3
miliardi di euro nel 2024 e 2,6 miliardi di euro nel 2025.
La Legge di Bilancio 2024 ha incrementato il FSN di 3 miliardi di euro per
il 2024 (di cui 2.431 milioni di euro destinati ai rinnovi contrattuali del
personale), di 4 miliardi di euro per il 2025 e di 4,2 miliardi di euro per il
2026. Di conseguenza, il FSN è stato fissato a:
- 134
miliardi di euro per il 2024;
- 135,4
miliardi di euro per il 2025;
- 135,6
miliardi di euro per il 2026.
Le previsioni per il prossimo futuro non lasciano intravedere alcun
rilancio del finanziamento pubblico per la sanità: secondo il Piano
Strutturale di Bilancio di medio termine (2025-2029), approvato il 27 settembre
2024, peggiora il quadro tendenziale della spesa sanitaria rispetto al DEF
2024. Il rapporto spesa sanitaria/PIL scende, passando dal 6,3% del biennio
2024-2025 al 6,2% nel periodo 2026-2027.
LA SPESA SANITARIA: CRESCE IL PESO SULLE FAMIGLIE
Rispetto al 2022, nel 2023 i dati ISTAT documentano che l’aumento
della spesa sanitaria totale (+ 4.286 milioni di euro) è stato sostenuto
esclusivamente dalle famiglie come spesa diretta (+ 3.806 milioni di euro) o
tramite fondi sanitari e assicurazioni (+ 553 milioni di euro), vista la
sostanziale stabilità della spesa pubblica (- 73 milioni di euro). Cresce
così il peso sulle famiglie che devono pagare di tasca propria le spese per
molte prestazioni sanitarie.
La spesa out-of-pocket – ovvero quella pagata direttamente dai cittadini –
per il 2023, secondo ISTAT-SHA, ammontava a 40.641 milioni di euro. Inoltre,
mentre nel periodo 2021-2022 ha registrato un incremento medio annuo dell’1,6%
(+ 5.326 euro in 10 anni), nel 2023 si è impennata aumentando del 10,3% (+
3.806 milioni di euro) in un solo anno. Una cifra enorme che spesso porta le
persone a limitare le spese per la salute rinunciando alle cure. Infatti,
secondo l’ISTAT nel 2023 4,48 milioni di persone hanno rinunciato a
visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno, per uno o più
motivi: lunghi tempi di attesa, difficoltà di accesso (struttura lontana,
mancanza di trasporti, orari scomodi), problemi economici (impossibilità di
pagare, costo eccessivo). E per motivi economici nel 2023 hanno
rinunciato alle cure quasi 2,5 milioni di persone (4,2% della popolazione),
quasi 600.000 in più dell’anno precedente.
È importante considerare che la povertà ha un notevole impatto sulla
salute proprio perché contribuisce alla rinuncia alle cure, al peggioramento
della salute e alla riduzione dell’aspettativa di vita delle persone più povere
del Paese. Secondo i dati ISTAT l’incidenza della povertà assoluta tra
il 2021 e il 2022 è salita dal 7,7% all’8,3%, coinvolgendo quasi 2,1 milioni di
famiglie: le stime preliminari ISTAT per il 2023 indicano un incremento
all’8,5%. Il legame tra povertà e salute è evidenziato dalle notevoli
differenze di aspettativa di vita nelle diverse Regioni italiane. A
fronte di un’età media di 83,1 anni a livello nazionale, si registrano,
infatti, notevoli differenze regionali: dagli 84,6 anni della Provincia
autonoma di Trento agli 81,4 anni della Campania, con una differenza di ben 3,2
anni. In tutte le 8 Regioni del Mezzogiorno l’aspettativa di vita è inferiore
alla media nazionale, un segnale indiretto sia delle criticità dei servizi
sanitari regionali, sia dell’incidenza della povertà assoluta.
Questo fenomeno sarà reso ancora più evidente dalla diminuzione della spesa
sanitaria per la prevenzione. Secondo quanto emerge dal rapporto,
infatti, rispetto al 2022, nel 2023 la spesa per i “Servizi per la prevenzione
delle malattie” si riduce di ben 1.933 milioni di euro (-18,6%).
IL CONFRONTO INTERNAZIONALE
Per quanto riguarda il confronto con gli altri Paesi, nel 2023 la
spesa sanitaria pubblica in Italia si attesta al 6,2% del PIL, un valore
nettamente inferiore sia alla media OCSE del 6,9% sia alla media dell’Unione
Europea del 6,8%. Anche la spesa sanitaria pubblica pro-capite, pari a
3.574 dollari, rimane ben al di sotto sia della media OCSE (4.174 dollari), sia
soprattutto della media dei Paesi dell’UE (4.199 dollari). Il gap con
la media dei Paesi Europei dell’area OCSE si è ampliato progressivamente dal
2010, sino a raggiungere nel 2023 995 dollari pro-capite che,
parametrato alla popolazione residente al 1° gennaio 2024, corrisponde ad un
gap complessivo di 58,7 miliardi di dollari, pari a 52,4 miliardi di euro.
Il personale sanitario
L’Italia dispone complessivamente di 4,2 medici ogni 1.000 abitanti, un dato
superiore alla media OCSE (3,7), ma sta sperimentando il progressivo abbandono
del SSN e carenze selettive: oltre ai medici di famiglia, alcune specialità
mediche fondamentali non sono più attrattive per i giovani medici, che
disertano le specializzazioni in medicina d’emergenza-urgenza, medicina
nucleare, medicina e cure palliative, patologia clinica e biochimica clinica,
microbiologia, e radioterapia. Ma la vera crisi riguarda il personale
infermieristico: con 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, l’Italia è ben al di
sotto della media OCSE (9,8), collocandosi tra i Paesi europei con il più basso
rapporto infermieri/medici (1,5 a fronte di una media europea di 2,4). Inoltre,
nel 2022 i laureati in Scienze Infermieristiche sono stati appena 16,4 per
100.000 abitanti, rispetto ad una media OCSE di 44,9, lasciando l’Italia in
coda alla classifica prima solo del Lussemburgo e della Colombia. Per l’Anno
Accademico 2024-2025 sono state presentate 21.250 domande per il Corso di
Laurea in Scienze Infermieristiche a fronte di 20.435 posti, un dato che
dimostra la mancata attrattività di questa professione.
LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA E DIVARIO NORD-SUD
Rispetto ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) – le prestazioni e i servizi
che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini gratuitamente o dietro il
pagamento di un ticket – nel 2022 solo 13 Regioni rispettano gli
standard essenziali di cura, con un ulteriore aumento del divario Nord-Sud:
Puglia e Basilicata sono le uniche Regioni promosse al Sud, ma comunque in
posizioni di coda.
La conseguenza diretta di queste disparità territoriali è la mobilità
sanitaria che evidenzia la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord,
con i residenti delle Regioni del Centro-Sud spesso costretti a spostarsi in
cerca di cure migliori. L'aumento della migrazione sanitaria ha effetti
economici importanti non solo sulle famiglie, ma anche sui bilanci delle
Regioni del Mezzogiorno, che risultano ulteriormente impoverite. In
particolare, secondo i dati forniti nel Rapporto, nel decennio 2012-2021 le
Regioni del Mezzogiorno hanno accumulato un saldo negativo pari a 10,96
miliardi di euro.
STATO DI AVANZAMENTO DEL PNRR
Il rapporto analizza, infine, lo stato di avanzamento delle opere legate al
PNRR. Al 30 giugno 2024 sono stati raggiunti i target europei che condizionano
il pagamento delle rate all’Italia. I risultati preliminari del 4° Monitoraggio
Agenas sul DM 77/2022 documentano che, al 30 giugno 2024 sono stati dichiarati
attivi dalle Regioni:
- il 19%
delle Case di Comunità (268 su 1.421);
- il 59%
delle Centrali Operative Territoriali (362 su 611);
- il 13%
degli Ospedali di Comunità (56 su 429).
I ritardi sono stati particolarmente marcati nel Mezzogiorno. Il target intermedio
sulla percentuale di over 65 in assistenza domiciliare è stato raggiunto a
livello nazionale e in tutte le Regioni tranne che in tre Regioni del Sud.
Infine, al 31 luglio 2024 sono stati realizzati il 52% dei posti letto di
terapia intensiva e il 50% di quelli di terapia sub-intensiva, anche in questo
caso con nette differenze regionali.
CONCLUSIONI
In conclusione, il 7° rapporto della Fondazione GIMBE descrive un
Sistema Sanitario Nazionale in affanno caratterizzato da una carenza di risorse
non solo economiche ma anche legate alle difficoltà crescenti del personale
sanitario. Un quadro che rischia di compromettere il diritto costituzionale
alla tutela della salute, soprattutto per le fasce più deboli della
popolazione. È necessario allora un cambio di rotta, un nuovo approccio
che permetta di considerare la sanità non come un costo da tagliare ma come una
priorità su cui investire per tutelare la salute delle persone e favorire la
crescita economica del Paese.
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