La nostra battaglia

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28/10/2019



E' necessario ricordare che quest'anno 2019 per i sindacati confederali e in particolare i sindacati confederali dei pensionati è stato un anno di lotta senza precedenti. Le manifestazioni oceaniche di febbraio, di giugno e di Reggio Calabria hanno smentito chi diceva che il sindacato era finito. Abbiamo dimostrato di essere vivi e vegeti, di avere un grande consenso tra la gente e di essere radicati nel paese. La nostra piattaforma che tocca punti qualificanti come la rivalutazione, che manca da oltre 7 anni, un fisco adeguato per i pensionati, un paniere Istat che tenga conto delle spese prevalenti dei pensionati, la 14esima mensilità per le pensioni fino a 1500 euro lorde, una legge organica patrimonializzata per la non autosufficienza.

Ora non c è più bisogno dei grandi numeri che riempiono le piazze perché abbiamo già dimostrato che su questo argomento ci siamo. C'è bisogno di essere ascoltati e per lo meno la rivalutazione delle pensioni è necessario che venga portata a casa. Essa fa il paio col contratto collettivo nazionale di lavoro degli attivi. È una questione di dignità delle persone, costituzionalmente tutelata e più volte la stessa Corte Costituzionale ha avvertito il governo che vanificarla con aumenti irrisori, è oltraggioso nonché contrario al dettato costituzionale. 0,53 centesimi lordi al mese, quanto questo governo vorrebbe dare di rivalutazione media ai pensionati fino ai 2000 euro lordi, è vergognoso. 

Un paese che invecchia, un paese che non ha una legge organica per coloro che non sono sufficienti a provvedere alle loro esigenze, è un paese non civile. Ecco perché su questi due argomenti abbiamo ridotto le nostre richieste ecco perché ci stiamo rivolgendo solo e direttamente alla gente perché ci sostenga nelle nostre ragioni che gridano vendetta davanti a Dio, è dal governo Monti in poi che questi governi sono tutti sordi e girano la faccia dall'altra parte su questi temi. 

Questi malesseri stanno facendo scoppiare in tutto il mondo a macchia di leopardo rivolte popolari che hanno il sapore di una rivincita, disordinata e confusa, sulla globalizzazione. È giunto il momento di guardare con attenzione a questi problemi, sviluppando un senso etico sostanziale che non può cadere in un moralismo qualunquista, ma che faccia prendere coscienza che il mondo è un tutt'uno e non di quell'1% che possiede il 90% delle ricchezze.

O si pone rimedio che la ricchezza ritorni ad aver un aspetto sociale e quindi di redistribuzione per tutti, oppure ci si incammina per vie incerte che potranno realizzare momenti di disaggregazione sociale grave e di sofferenza inaudita per moltissimi. 

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